Scalare la piramide del fund raising
Nello scorso numero della newsletter abbiamo raccontato quanto l’individuazione, la comprensione e la promozione della cosiddetta Buona Causa sia rilevante – addirittura imprescindibile – per avviare qualunque raccolta fondi.
E’ il momento di introdurre uno dei concetti chiave del Fund Raising: l’obiettivo di qualunque raccolta fondi che abbia come scopo la sostenibilità di una organizzazione non profit è quello di poter contare su donatori fedeli, coinvolti, che abbiano con l’organizzazione una relazione continuativa e stabile.
Un modo per arrivarci? Ecco, appunto, la “piramide del Fund Raising”.
Prima di dare un’occhiata alla “nostra” piramide, è opportuno richiamare un concetto fondamentale, nel Fund Raising come in altri campi dell’economia, la legge di Pareto, che, in una sintesi brutale, afferma che “il 20 % di un qualsiasi insieme occupa sempre l’80 % dello spazio o del tempo a sua disposizione”
Semplificando, si potrebbe dire – citando Wikipedia, che “la maggior parte degli effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause (considerando grandi numeri)”.
Nel Fund Raising questo vuol dire che l’80% delle risorse derivanti da una raccolta fondi è apportato dal 20% di donatori e, in senso inverso, che l’80% di donatori contribuisce a raccogliere il 20% della cifra indicata come fabbisogno economico. Sono, naturalmente, percentuali indicative, ma servono a darci una prima idea dei presupposti da cui si sviluppa la piramide del Fund Raising.
Concetto che caratterizza la piramide è il sempre maggiore coinvolgimento, sia dal punto di vista della relazione (che abbiamo visto essere la base, ma anche lo scopo ultimo del Fund Raising) che dell’entità delle donazioni. L’obiettivo è quello di sistematizzare – e la piramide è un ottimo modo per rappresentare il processo – il passaggio da una relazione fredda (quella tra una organizzazione e un potenziale donatore, caratterizzata da una conoscenza sommaria e un basso grado di coinvolgimento nelle “storie” dell’organizzazione) ad una relazione calda, cioè caratterizzata da reciprocità e mutuo coinvolgimento tra organizzazione e donatore.
La base della piramide – che dunque rappresenta quell’80% di soggetti che contribuiscono a raccogliere il 20% dei fondi – è costituita da un gran numero di potenziali donatori. Rispetto ad essi l’organizzazione effettua un’azione di informazione, primo passo per sondare l’eventuale interesse nella Buona Causa. Le donazioni raccolte in questa fascia saranno di entità modesta, spesso sporadiche, a seguito di sollecitazione con strumenti “generici” come il direct mail, gli eventi “aperti”, la richiesta di una quota associativa.
L’obiettivo è quello di “scalare la piramide”, quindi di far diventare la relazione con il donatore, definita inizialmente “fredda”, quantomeno “tiepida” e di ottenere un incremento del supporto tramite donazione.
La seconda fascia, dunque, è rappresentata da coloro che hanno già donato almeno 3 volte e che, per l’organizzazione, rivestiranno il carattere di cosiddetti “donatori promettenti”, ovvero interessati alla Buona Causa e all’operato dell’organizzazione. Donatori con caratteristiche tali da farli ritenere ulteriormente coinvolgibili nella vita dell’organizzazione. E’ a costoro, quindi, che devono essere rivolte le sollecitazioni mirate ad ottenere donazioni di importo più interessante e l’impegno a piccole donazioni pianificate o alla donazione mensile, vera boccata d’ossigeno per la stabilità e la continuità di qualunque organizzazione.
La faticosa salita prosegue con coloro che sono (davvero) in grado di “fare la differenza” in termini di raccolta fondi: i grandi donatori. Si tratta di soggetti già in rapporto stabile con l’organizzazione e sui quali viene effettuata un’azione di sollecitazione personalizzata, al fine di ottenere donazioni consistenti. Naturalmente la misura di quanto sia grande una donazione dipende dall’organizzazione: per alcune può essere 500 euro, per altre nell’ordine di centinaia di migliaia di euro!
La sollecitazione dei grandi donatori avviene, come dicevamo, mediante strumenti personalizzati: quello più efficace è sicuramente l’incontro con il cosiddetto “team di richiesta”, di solito composto dal presidente o da un membro influente del consiglio di amministrazione dell’organizzazione e dal fundraiser o da un volontario “carismatico”. La composizione del team è variabile e deve tener conto dell’importanza della persona che si sta andando a trovare, avendo sempre cura di far effettuare la richiesta a personale adeguatamente preparato sul racconto dei motivi per cui si stanno richiedendo fondi, con un eloquio chiaro nella richiesta (inclusa la definizione della cifra!), e che sappia impostare tutto l’incontro in maniera tale da creare un clima di tranquillità in cui al centro della discussione siano la Buona Causa e la necessità di fondi per perseguirla.
La sommità della piramide è occupata dalle cosiddette donazioni pianificate, ovvero da quelle donazioni effettuate mediante la forma del lascito o del testamento. Si tratta di una forma di donazione non così diffusa in Italia, e poche sono ancora le organizzazioni che hanno programmi di Fund Raising dedicati (di solito le organizzazioni di grandi dimensioni).
Può accadere in molti casi, tuttavia, che una persona manifesti il proprio desiderio di inserire nel testamento l’organizzazione. Occorre allora (siamo in vetta alla piramide) curare il potenziale donatore con un’attenzione particolare, considerata la delicatezza del tema e soprattutto – ma questo, è banale dirlo, vale per tutte le donazioni – saper ringraziare: uno dei massimi esperti di Fund Raising, Hank Rosso, afferma che occorre ringraziare 7 volte ciascun donatore – in vari modi, s’intende!).
© Simona Biancu – Alberto Cuttica