Il mobbing
Mobbing significa “aggredire”, “assalire”: non si tratta, però, di un’aggressione fisica bensì di una pluralità condotte tese sistematicamente e metodicamente a svilire, umiliare, degradare, dequalificare altri soggetti.
Tale comportamento, ovviamente antigiuridico e passibile di sanzioni, non è previsto da alcuna norma di legge ma è stato formalizzato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con specifico riferimento a situazioni che vengono a crearsi in ambito lavorativo (si parla a tal
proposito di mobbing verticale allorché questi comportamenti vengano posti in essere dl datore di lavoro nei confronti di un lavoratore subordinato e di mobbing orizzontale nel caso in cui mobbizzante e mobbizzato siano colleghi).
Per quanto riguarda il mobbing verticale le condotte più frequentemente rilevate ed analizzate dalla giurisprudenza sono quelle di datori di lavoro che demansionano, dequalificano il lavoratore, affidandogli mansioni diverse ed inferiori rispetto a quelle per le quali erano stati assunti, non per oggettive negligenze di questi ultimi, ma per “punirli” discriminandoli di fatto rispetto ai colleghi.
Per quanto riguarda, invece, il mobbing orizzontale, si è soliti fare riferimento a casi nei quali un lavoratore viene sistematicamente “preso di mira” dai colleghi mediante il compimento di scherzi grossolani o di cattivo gusto, deridendolo gratuitamente od esponendolo comunque al pubblico ludibrio.
La Corte di Cassazione con una recente pronuncia ha precisato che il mobbing non è un reato ma rileva solamente da un punto di vista civilistico. Pertanto il soggetto mobbizzato non ha titolo per presentare una querela, in quanto il conseguente procedimento penale verrebbe verosimilmente archiviato; potrebbe, invece, citare in giudizio il soggetto mobbizzante e chiedere al Giudice civile di condannarlo al risarcimento dei danni subìti.
A tal proposito, premettendo che è esclusa la configurabilità di un danno morale o pecunia doloris che ricorre solamente allorché si possa ravvisare la sussistenza di un reato, il mobbizzato potrebbe chiedere il risarcimento del danno biologico, inteso come lesione psico-fisica e del c.d. danno esistenziale definito dalla Corte di Cassazione come la lesione del bene “serenità d’animo”.
Avv. Claudio Lo Presti – claudio.lop@libero.it