Informazione e comunicazione sociale
Raccontare quello che avviene nei progetti e nei servizi sociali e educativi può avere più di una funzione, più di un obiettivo, più di un risultato. Intanto è una delle migliori occasioni per un’organizzazione di attuare un processo di consapevolizzazione delle proprie capacità, risorse, buone prassi. Ed è anche l’occasione per sviluppare adeguati processi di comunicazione interna. Perché per raccontarsi
all’esterno è fondamentale, a mio avviso, che la cooperazione a livello interno sia ai massimi livelli. Non avrebbe senso creare un bell’evento di fine progetto, un bel sito, una bella locandina se “in casa” non si giocasse tutti la stessa partita o se tutti fossero concentrati solo sull’accoglienza degli “invitati” e vi fosse una non sufficiente attenzione a chi vi abita dentro. Comunicare quello che in termini di relazioni umane un servizio o un
progetto ha realizzato è tra l’altro assai complesso e delicato, in quanto significa dialogare sia con vecchi che con potenziali nuovi destinatari delle proprie attività e quindi si rendono necessari notevoli sforzi sul piano dei linguaggi, affinchè la comprensione sia diffusa in maniera capillare.
Vi propongo allora un processo che, a titolo esemplificativo, cerca di prendere in considerazione il necessario equilibrio tra le dimensioni interne ed esterne:
• lavorare in equipe (coinvolgendo attivamente tutte le componenti: utenti, cittadini, stakeholders) per favorire l’emersione delle potenzialità e delle risorse che l’attività e/o il progetto hanno evidenziato;
• il gruppo di lavoro crea uno o più sistemi tramite i quali dare risalto alle buone prassi da conservare e ai nodi critici da sciogliere: comunicare all’esterno è quindi occasione per conoscere meglio il proprio lavoro;
• l’equipe individua i destinatari dell’attività comunicativa, rispondendo soprattutto alla domanda: “A chi voglio far sapere quello che è emerso?”. Non deve spaventare la possibilità di operare una scelta definita: non si può sempre pensare di raggiungere chiunque con la propria comunicazione. Ovvero, si devono mettere in atto strategie che tengano in considerazione l’opportunità di perseguire risultati quantitativi piuttosto che qualitativi o viceversa. Lo sviluppo di questo punto sarebbe facilitato enormemente dall’attivazione di un sistema di monitoraggio delle attività svolte, tramite il quale osservare aspettative e bisogni della popolazione considerata;
• vengono scelti i media ritenuti più adatti a rispondere alla domanda precedente. Anche qui sarà fondamentale crearli e renderli fruibili partendo da un alto livello di condivisione interna all’organizzazione, affinchè siano veramente gli strumenti dell’organizzazione, coerenti con mission e vision, aderenti ai valori e agli statuti;
• altro passo fondamentale è quello della verifica ex post degli strumenti comunicativi adottati. L’evento, il sito, la locandina vanno analizzati in termini di impatto comunicativo (interno ed esterno) e credo che l’organizzazione debba avere l’umiltà e il coraggio di rivederli e cambiarli se hanno funzionato poco o male. Anzi, potrebbe essere utile ed interessante attivare processi partecipativi tramite i quali raccogliere ed elaborare concretamente il plauso, i suggerimenti e le critiche dei destinatari.
Nell’arco complessivo di questa proposta credo che la parola chiave sia quella della condivisione, intesa come metodo di lavoro più che l’immodificabile punto di approdo.
Comunicare un’attività sociale, che pone al centro il rapporto e la relazione con gli esseri umani, costituisce un’occasione di ulteriore rapporto e relazione con quelli e con altri esseri umani. Realizzare un buon processo comunicativo interno ed esterno fornisce all’organizzazione la reale e concreta possibilità di scoprire e fare propri i valori sociali aggiunti, sia quelli già emersi che quelli ancora nascosti.
Dario D’Orta – Formatore e progettista – www.dariodorta.org – dario.dorta@gmail.com